“Escuelita Zapatista” di Silvia Restelli

Il mio primo viaggio in Chiapas si è concretizzato nella partecipazione come estudianta all’escuelita zapatista di gennaio. Conoscevo gli zapatisti solo tramite qualche libro letto durante gli anni ma non avevo mai pensato alla possibilità concreta di incontrarli personalmente. Invece, eccomi reduce da uno dei viaggi più intensi ed interessanti della mia vita.

A me e a Valerio (il mio ragazzo) è stato assegnato il caracol di Morelia, situato a circa quattro ore di pullman da San Cristóbal. Partenza prevista per le ore 7 del mattino. Partenza effettuata alle ore 13 del pomeriggio. Sorrido di fronte a questi tempi di attesa infiti. Me lo avevano detto che i messicani erano fatti così e adesso ne stavo avendo la conferma personalmente.IMG_4881

Arrivati al caracol scendiamo dal pullman e a ciascuno viene assegnato il proprio guardiano ovvero quella persona che ci avrebbe accompagnati passo dopo passo nell’immersione nel mondo zapatista, aiutandoci a superare le diccoltà quotidiane. Prima di partire per il Chiapas ho pensato molto a chi mi sarebbe capitato come guardiano, a quanti anni avrebbe avuto e a che rapporto si sarebbe instaurato tra di noi e ora lo stavo per scoprire. Gli zapatisti scelgono per me una ragazza indigena di diciassette anni dal volto rigorosamente coperto. Sembra felice ma non posso dirlo con certezza poiché le si intravedono solo gli occhi. Mi si avvicina, mi prende per mano e mi accompagna verso l’interno del caracol mentre gli zapatisti presenti applaudono a suon di musica. Che accoglienza calorosa! Che emozione! Mi rendo conto di essere davvero la benvenuta. Momento dopo momento cerco di conoscere meglio Nidia, la mia guardiana. Inizio subito a farle un sacco di domande sullo zapatismo, un po’ perché sono curiosa di scoprire tutto, un po’ perché voglio rompere il ghiaccio tra di noi. Nidia però non parla molto. È timida e anche troppo giovane. Le è stato detto che alcune cose si possono dire mentre altre, per ragioni di sicurezza, è meglio tacerle. Quindi molte delle mie domande non incontrano risposta se non un vago “Yo no sé” o un incisivo “No se puede responder”. Un po’ pentita di essere stata così insistente smetto di fare domande precise e inizio a chiacchierare con lei del più e del meno. Le timidezze iniziali scompaiono e la situazione si fa decismente più morbida. L’indomani tutti gli studenti con i loro guardiani partiranno per le comunità a loro destinate. L’avventura ha inizio.

Spiegare in poche righe cosa sia stata per me l’esperienza dell’escuelita zapatista è praticamente impossibile. Innanzitutto è stato un incontro con una realtà nuova e diversa dalla mia. Gli abitanti della comunità 8 de marzo, ovvero quella a cui sono stata destinata, mi hanno dimostrato che al giorno d’oggi è ancora possibile restare umani. Gli zapatisti hanno un approccio alla vita che il popolo occidentale “progredito” ha dimenticato da tempo. È stupefacente osservare lo svolgimento della loro giornata che abbiamo avuto l’onore di condividere con loro per un breve periodo. Ci si sveglia con calma la mattina al sorgere del sole, si beve una calda tazza di caffè e si parte per il campo. Un campo dove pascolano le mucche, un campo dove sorgono piante di caffè o di banane. Terre che sono state perse e riconquistate con fatica e sudore dopo anni di ribellione e che pertanto vengono lavorate con orgoglio e dedizione da tutta la comunità collettivamente. Dopo una mezza giornata di lavoro i campesinos rientrano nelle loro umili dimore. Si tratta di semplici baracche di legno al cui interno si trova tutto l’essenziale per vivere: il focolare, un tavolo con delle sedie, un letto e poco altro. Qualche fortunato ha la radio, qualcuno ha la televisione ma si tratta di arnesi a cui non viene dato troppo valore. Insieme a tutta la famiglia si mangia qualche piatto povero ma tipico della tradizione messicana: riso, fagioli, tortillas. La mia famiglia, per festeggiare il mio arrivo, ha addirittura deciso di uccidere una gallina la quale, ovviamente, ha costituito il mio pranzo e la mia cena durante tutta la mia permanenza in comunità! Le donne passano gran parte della loro giornata in casa a cucinare ma spesso si incontrano per lavorare collettivamente nei pollai o negli orticelli dove coltivano vari tipi di verdura. Alcuni di loro, maschi e femmine, sono anche depositari di una qualche carica politica, sia essa a livello locale, municipale o di giunta di buon governo. L’attività politica, certo, richiede un po’ di tempo, ma non bisogna pensare che essi si affannino per adempiere al loro impegno. Infatti generalmente il pomeriggio lo si passa descansando o facendo qualche lavoretto in casa o nel villaggio. Gli zapatisti hanno tempo per riposare il corpo e la mente, hanno l’abitudine di riflettere molto sulle decisioni che si devono prendere, affinché siano giuste e funzionali, anche se questo atteggiamento talvolta impone il dispiego di tempi di attesa molto lunghi. Gli abitanti del villaggio comunicano tra loro come si è sempre fatto nella società civile, e lo fanno faccia a faccia, non tramite dispositivi elettronici di alcun tipo. I bambini giocano ancora tra di loro, si rotolano nel fango e camminano scalzi. I bambini sono vivaci, urlano e gridano tutto il tempo, corrono dietro a una palla quando ne hanno l’occasione e non si lamentano mai.

Con queste parole non voglio affermare di aver incontrato una società perfetta, ma solo una società molto umana. Ho conosciuto persone che credono nel valore della vita, all’idea che si debba lavorare per vivere e non il contrario, persone che però allo stesso tempo hanno ancora molto da fare per migliorarsi. Il livello di istruzione, per esempio, rimane molto elementare e le cliniche mancano di medici specializzati. Ma gli zapatisti hanno dichiarato, con molta umiltà, di avere ancora molta strada da fare ma che non si fermeranno qui. Certo, ci vorrà tempo e fatica. Forse incontreranno degli ostacoli e la situazione si farà più difficile di quella attuale. Ma sono sicura che con la loro tenacia riusciranno a superare le difficoltà e continueranno ad avanzare verso la costruzione di una società migliore di quella attuale.