La nostra meta si trova a quota 2800 slm, eppure solo quando siamo a un passo da San Andrés il paesaggio intorno si fa “montano”. Lo sguardo europeo si fonda su regole da sussidiario: condomini e industrie in città, paesi e agricoltura in campagna, borghi e latifoglie in collina, baite e conifere in montagna. Al di sopra della linea dei 1800 la vegetazione alpina si fa naniforme. La latitudine equatoriale sovverte ogni nostra facile convenzione: qui crescono alberi dove da noi resistono solo i licheni e resistono uomini dove da noi crescono solo impianti di risalita.
La strada per Oventic sale tortuosa in questo territorio cangiante: lembi di prato muschiato e lingue di mais interrompono la linea fitta di piante chiare come il cuore dell’abocado e alberi scuri come la sua buccia. Il Caracol numero due fa di nome Oventic e ha per sottotitolo Corazon centrico de los zapatistas delante del mundo.
Il cancello d’ingresso, pittato di rosso e nero, appare sul ciglio della strada annunciato da un paio di cartelli in stile “benvenuti in territorio zapatista e non dimenticate che qui il popolo governa in autonomia”. L’effetto sorpresa è a cura della fitta nebbia, al lato del cancello un compas a volto coperto e braccia incrociate è il primo contatto col corazon di questo nostro viaggio.
Avete presente la smania di fotografare la torre di Pisa, i brandelli del muro di Berlino, le case abbracciate sul lungomare di Gallipoli, pur sapendo che un milione di scatti migliori hanno catturato la stessa immagine da un’inquadratura solo impercettibilmente diversa? Nel cuore dell’insurgenzia, col nostro zainetto di emozione e smania di capire meglio, noi ci si comporta uguale. La ritualità delle foto ai murales è tanto stucchevole quanto irrinunciabile, olezza di turismo ma profuma di qualcosa che non so dire. Consapevoli ci perdoniamo la velleità di tomar una foto di questa storia presente e palpitante. Il resto non ve lo cuento mica, al limite ci pensa Andre che mi ha proposto di intrecciare i due sguardi sulla stessa scaglia di giorno. Comunque risalivamo l’unico viale di Oventic conversando con due compas, due donne in passa certo ma soprattutto in fiocco viola a chiudere la treccia, gonna nera lunga, scarpette aperte di gomma, soprattutto due donne pronte a incrociare lo sguardo con dignità dietro quel passa. Che poi a me piace soffermarmi sulla cornice perché entrare nel cuore di questa storia col dovuto rispetto e senza un’ombra della dovuta riverenza non è affatto semplice.
Ah, San Andrés è un simulacro del Chiapas del mal gobierno e degli accordi traditi, negli altos gli zapatisti chiamano la città Sakmamchen.