Anche oggi le previsioni meteo si avverano con almeno 12 ore di ritardo, con una pioggerellina leggera, invece che un temporale, che arriva mentre percorriamo a ritroso la strada verso casa.
Code infinite, per il bagno, per un posto a sedere per assistere agli incontri o per mangiare segnano il passare del tempo al CIDECI. Anche oggi affrontiamo piccole peripezie tecnologiche con le fotocamere.
Siamo arrivati, stanchi e forse un po’ felici, al quarto giorno di festival e sembra che tutti si siano ormai abituati agli andirivieni rigorosamente ordinati in fila indiana degli zapatisti. Per capire chi si è saltato i primi giorni basta vedere chi gli scatta foto con l’aria estremamente sorpresa di chi non se lo sarebbe mai aspettato.
Oggi hanno cominciato ad aggirarsi per le strade polverose del CIDECI le delegazioni del CNI, arrivate per discutere della proposta di candidatura indigena alle elezioni 2018, come ha ricordato ricordato anche il subcomandante Galeano che, prima di leggere il comunicato di fine giornata, ha indossato assieme a tutte e tutti gli uomini e le donne della Comandancia un cappello con il simbolo del Congresso Nazionale Indigeno.
Oggi, come nel resto della settimana, hanno preso la parola molte professoresse, dottoresse, biologhe, fisiche. Introducendo i loro interventi, ognuna di loro ha ricordato come l’essere donna abbia reso difficile la loro carriera scientifica. Oggi, prima di iniziare a raccontare del festival, penso sia necessario ricordare la ragazza violentata, uccisa e sciolta nell’acido un paio di giorni fa qui in Messico. E tutte le forme di violenza sulle donne, tra cui quelle raccontate dalle relatrici. Ripropongo inoltre l’invito dell’alchimista SupGaleano, che ha invitato tutti a lottare non in nome delle donne, non per loro, ma con loro.
La giornata è divisa, come di norma, in sessioni generali e in dibattiti di divulgazione, in cui gli alunni zapatisti hanno la possibilità di porre le loro domande ai professori e alle professoresse.
L’auditorium si trasforma in un’aula di scuola, leggermente diversa dalle nostre.
Prima di alzare la mano per chiedere il microfono si solleva un brusio generale tra gli alunni, perché, si sa, le domande migliori sono quelle costruite e pensate in collettivo. Così come le risposte. Dopo un sommesso confronto e un veloce ripasso degli appunti sui quaderni, ormai già quasi pieni, gli zapatisti iniziano così a tempestare il docente di turno con domande, circostanziate e precise, che finiscono quasi sempre con mettere i professori in grossa difficoltà.
Vogliono prove, risvolti pratici, chiarimenti, vogliono essere sicuri fino all’ultimo. Scienza e tecnologia pervadono il nostro mondo, sono forme di potere e giustificazione di trasformazione importanti, chi non possiede le conoscenze e non partecipa alla discussione sulla loro applicazione, sarà escluso dall’ambito decisionale. Il capitale l’ha capito, e così davanti alle politiche pubbliche che riducono la spesa per la ricerca e la formazione, sono le multinazionali a finanziare studi e fondazioni scientifiche. “Possiamo dire che è più ciò che la scienza deve al capitalismo, che quello che il capitalismo deve alla scienza” viene gridato con somma tranquillità in uno degli interventi nella sessione conclusiva del pomeriggio.
Negli incontri principali in auditorium sono intervenuti il Dr. Adolfo Olea Franco, che ha parlato della funzione sociale della scienza, l’ingegnere Fayez Mubaraqui Guevara, la Dott.ssa Melina Gomez Bock, che ha ricordato come sia la fisica sia il movimento abbiano la necessità instrinseca di conoscere, la Dott.ssa Eva Jablonka, il Dr. Octavio Valadez Blanco e il Dr. Lev Pardon Borbolla, che ha voluto sottolineare come non sia sufficiente riformare le scienze per riappropriarsene, ma come sia invece necessario cambiare i rapporti produttivi, facendo suo il concetto marxiano di riappropiazione dei mezzi di produzione.
La conclusione, quando fuori è ormai buio e comincia a far freddo, è del SupGaleano. La prossima apocalissi minaccia l’umanità, esattamente come accade in un film o in una serie tv di fantascienza, solo che nella realtà, la nostra realtà, non va tutto bene. Bisogna prepararsi, bisogna lottare contro un sistema disposto a tutto, in una lotta fra vita e morte. Si può scegliere di morire, cosa che il Sup non considera scelta vincente, scherzando sulle sue morti multiple.
Citando una giovane ragazzina zapatista “No pasarán, nemmeno se fossero extraterrestri”.
29 dicembre 2016. Appartamento 2 della casa collettiva.
Ore: prima di uscire a bere