Morti, arresti, esercito nelle città, schede elettorali bruciate, schede elettorali annullate (circa il 5%), 53% di astensionismo, sezioni elettorali non istallate, candidati fuori dai tre grandi partiti Messicani che si impongono in stati ricchi e borghesi, il PRI sotto il 30%, elezioni annullate a Tixla (città dove ha sede la Scuola Normale Rurale di Ayotzinapa): questa la giornata elettorale del 7 giugno in Messico.
Lo sapevamo e l’abbiamo raccontato su queste pagine e nei nostri interventi: il Messico è un paese dove la fiducia nella politica e nei partiti è al minimo storico. Abbiamo anche raccontato come il movimento in supporto ai 43 desaparecidos di Ayotzinapa aveva lanciato il boicottaggio delle elezioni per il rinnovo della Camera Bassa a livello federale e di 9 governatori dei 31 stati del paese.
Il sud del paese si è mobilitato per cercare di impedire le elezioni. Guerrero, Oaxaca, Michoacan, e Chiapas gli stati dove è stato più alto il numero di sezioni elettorali non istallate. I movimenti di maestri in difesa della scuola si sono sommati ai movimenti locali in questa lotta. Il fuoco non ha risparmiato nemmeno le sedi dei partiti. Mentre Anonymuos ha attaccato il sito della camera dei deputati. Movimenti in attività a tutto campo. Ma non solo i movimenti.
16 i morti per scontri tra esercito e attivisti sociali. L’esercito è stato schierato in tutto il paese a “difesa” del processo elettorale. In Chiapas per esempio si teme che l’esercito possa intervenire ad Ocosingo rompendo così l’accordo con l’EZLN che dura dal 1994. Questo fatto potrebbe mettere in moto la macchina della difesa zapatista. Ma non solo. L’esercito è ancora presente in molte zone del paese. Ai morti si sommano decine di arresti.
A Tixla, il municipio dove è ubicata la scuola normale rurale di Ayotzinapa, le elezioni sono state addirittura annullate.
La polizia federale ha attaccato una sede CETEG a Tlapa (Guerrero), per poi sparare sulla popolazione civile in mobilitazione in città.
Se questo scenario non bastasse si può aggiungere che diverse decine di giornalisti sono stati minacciati e perseguiti per il loro lavoro di monitarazione del processo elettorale, dal Distretto Federale al Michoacan passando per Puebla, Oaxaca e Guerrero.
Il primo partito è stato quello dell’astensionismo, attorno al 53%, e a questo possiamo aggiungere il quasi 5% di schede annullate. Su internet abbiamo visto centinaia di schede elettorale annullate riportare frasi in sostegno dei 43 studenti desaparecido si Ayotzinapa.
Il PRI rimane il primo partito ma è sotto il 30%, vince in Guerrero ma perde nettamente nella capitale Città del Messico. Secondo partito della capitale è Morena, fondato da Andres Manuel Lopez Obrador. Partito nato dal movimento in supporto ad AMLO dopo il broglio elettorale del 2006.
In uno stato, Nuevo Leon, è un indipendente a vincere.
Il rifiuto dei partiti tradizionali, e in maniera più ampia del narco-potere politico nel paese latino americano è netto. L’esito elettorale, e le mobilitazioni di questi mesi e di queste ore altro non è che ne sono la conferma definitiva.
Mentre il Messico è un paese pronto ad esplodere, le lotte sociali diventano sempre più forti ed importanti e i processi d’autonomia, sulla scia di quella Zapatista nel Chiapas, sono in costante divenire il suo presidente in carica Pena Nieto di prepara ad un tour europeo che lo porterà a Roma sabato 13 giugno per un incontro alla FAO, oltre che con Mattarella e Renzi, per provare a recuperare un pò di credibilità internazionale.