27 dicembre 2016.
“Il 30 febbraio di quest’anno 2016, la rivista elettronica svedese specializzata in tematiche scientifiche, “River‘s Scientist Research Institute”, ha pubblicato uno studio che, forse, rivoluzionerà le scienze e la loro applicazione in ambito sociale.
Un gruppo di scienziati guidati dai dottori svedesi Stod Sverderg, Kurt Wallander e Stellan Skarsgard, hanno presentato una complessa analisi multidisciplinare che giunge alla conclusione che può sembrare scioccante: esiste una relazione diretta tra l’aumento della quantità e della qualità dei movimenti femministi e il calo del tasso di natalità.
Con la combinazione di metodi statistici, embriologia, biologia molecolare, genetica e analisi comportamentale, gli scienziati affermano che l’aumento della diversità e della belligeranza del femminismo, provoca l’inibizione della libido negli uomini, riducendo la frequenza di attività sessuale riproduttiva.
Ma non solo. Analisi di laboratorio hanno stabilito che gli spermatozoi degli uomini esposti all’attività femminista sono più deboli di quelli degli uomini che non ne sono esposti. Ciò che è noto come astebizisoermia, o sindrome dello “spermatozoo pigro”, è molto più presente nella popolazione maschile delle società in cui il femminismo ha un ruolo di primo piano nelle relazioni sociali. Secondo la prestigiosa pubblicazione sopracitata, il dottor Everet Bacstrom, del “Rainn Wilson Institute”, con sede a Londra, in Inghilterra, ha confrontato i risultati della ricerca con un campione di uomini europei della classe media, WASP, ed è giunto alla stessa conclusione.
Nel frattempo, le attiviste femministe europee, Chloë Sevigny e Sarah Linden, consultate per la pubblicazione, hanno dichiarato che tutto ciò non era altro che una manovra di quel che è stato definito “scientismo patriarcale”.
Nel frattempo, il centro internazionale di consulenza per i governi “Odenkirk Associated”, attraverso i suoi portavoce, James Gordon e Harvey Bullock, ha dichiarato che avrebbe raccomandato ai governi dei paesi del primo mondo, cito testualmente, “di inibire l’attivismo e la belligeranza dei gruppi femministi” al fine di aumentare il tasso di natalità nei paesi sviluppati. Ha inoltre dichiarato che avrebbe consigliato ai governi dei paesi del Terzo mondo, soprattutto in Africa e in America Latina, di favorire la nascita e la partecipazione di gruppi femministi, principalmente nelle aree marginali, in modo tale da ridurre il tasso di natalità in questi settori, evitando così il proliferare di disordini sociali.
Consultati al riguardo, le consulenti della Comunità Economica Europea, Stella Gibson e Gillian Anderson, hanno rifiutato di confermare o smentire che tale studio sarà la base della nuova politica internazionale dell’Europa verso il Terzo mondo.”
Beh, ciò che vi ho letto è un esempio del nuovo giornalismo scientifico. Anche se è completamente scritto di mio pugno, ve lo diamo come regalo di natale. Prendetelo e fate un esperimento: pubblicatelo.
Non ricorrete alla stampa. Escluso il sottoscritto e un numero sempre più ristretto di persone, nessuno legge i giornali e le riviste per informarsi. Suvvia, neanche quelli che vi scrivono li leggono, consultano solo i riferimenti che vengono fatti sulle reti sociali dei loro testi; inoltre, sono le reti sociali che gli dettano il tema da trattare. Solo pochi mesi fa, ho letto un “opinion leader” e “analista esperto” chiedere ai suoi “followers” la questione che doveva essere trattata nella sua rubrica sul giornale: “mi piace, sulla candidata del Consiglio Nazionale Indigeno” (mi pare abbia scritto così), “retweet, sul grande compagno e leader, sole del nostro percorso e illustre costruttore del futuro”. Non c’è bisogno di dirvi che hanno vinto i retweet.
No, se volete avere “copertura mediatica” dovete ricorrere, come fonte primaria di diffusione, alle reti sociali.
Cercate una stella delle reti sociali, ad esempio, un adolescente tweet-star con centinaia di migliaia di followers, qualcuno sempre preoccupato di evidenziare i suoi fan materiali che promuovono la tolleranza critica, il dibattito razionale e la riflessione profonda (cose che, chiaramente, si trovano in abbondanza in questa stimolante rete sociale). Qualcuno, come ad esempio John M. Ackerman (253.000 followers). Sì, so che ho detto un adolescente, e il signor John Ackerman ha già fatto molta strada, ma sto parlando di età mentale, quindi siate comprensivi.
Poi “seguitelo” e cercate di non farvi bloccare. È molto semplice, non è necessario scrivere nulla di mediamente intelligibile. Basta riempire la propria “time line” di retweet di tutte le grandi e solide verità emanate dalla tastiera del sopracitato. E neppure questo è complicato, perché è possibile impostare il proprio account per far sì che faccia retweet automaticamente.
Bene, ora abbiamo solo bisogno di convincere questo “influencer” a fare un breve riferimento allo studio citato, e i suoi centinaia di migliaia di followers, automaticamente, cliccheranno mi piace e faranno retweet.
Così lo studio “scientifico” avrà successo e sarà la base di analisi future, discussioni, tavole rotonde ed entrerà nell’affollata biblioteca delle teorie del complotto.
No, non dovrete preoccuparvi che qualcuno si prenda la briga di analizzare criticamente la nota apparentemente scientifica e si accorga conto di quanto segue:
– Febbraio non ha 30 giorni.
– “River” è una serie poliziesca britannica in cui il protagonista, John River, è interpretato dallo svedese Stellan John Skarsgård.
– Stod Sverderg e Kurt Wallander, sono personaggi della serie poliziesca svedese “Wallander”.
– Everet Bacstrom, è il nome del protagonista della serie poliziesca “Bacstrom” e Rainn Wilson è il nome dell’attore.
– Chloë Sevigny è il nome dell’attrice protagonista nel ruolo di Catherine Jensen, la serie poliziesca danese “Those Who Kill”
– Sarah Linden è il nome della protagonista della serie poliziesca statunitense The Killing, con l’attrice Mireille Enos.
– Bob Odenkirk è il nome dell’attore principale della serie “Better Call Saul”, presumibilmente il prequel di Breaking Bad.
– James Gordon e Harvey Bullock sono personaggi della serie “Gotham”.
– La Comunità Economica Europea non esiste più, è sparita nel 2009 per far posto all’Unione Europea.
– E Stella Gibson e Gillian Anderson sono, rispettivamente, la protagonista e l’attrice che interpretano questo ruolo nella serie “The Fall”.
Scusate se la mia pronuncia dell’inglese è ben lungi dall’etichetta dei simposi scientifici internazionali, e sembra piuttosto da “wet back” ’40, ma la solidarietà con i migranti latinos che subiscono l’incubo Trump ha vie inaspettate e non sempre evidenti. In ogni caso, chi legge e non ascolta queste parole, non ha nulla a che vedere con l’orrore che si vive a nord del Río Bravo.
Certo, sarebbe stato sufficiente che chiunque di voi “googleasse” i principali riferimenti per rendersi conto che il presunto “studio scientifico” descritto, è una frode assoluta.
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La scienza deve preoccuparsi di queste frodi che riducono il lavoro scientifico a una caricatura del consumo di massa?
Pensate di dover affrontare solo la religione e il creazionismo? La religione è la religione, non pretende di essere scientifica. La pseudo-scienza, invece, è un problema serio. Se credete di vivere nell’epoca dei lumi, e siete felici di ridicolizzare i paradigmi religiosi e di vincere i sondaggi di popolarità della televisione in streaming, dove si affrontano atei contro credenti, non vi siete accorti della breccia che le scienze presentano sotto la linea di galleggiamento.
Le pseudo-scienze o scienze false non solo guadagnano sempre più followers, ma stanno già diventando una spiegazione accettata della realtà.
Se non mi credete, fate una terapia al quarzo e di equilibrio bio-energetico. O iscrivetevi ad un corso di “Teoria della Scienza” nel dipartimento dell’istruzione superiore di un’università che si rispetti, e non sorprendetevi di dover studiare una materia che si chiama “filosofia scientifica” (l’ossimoro che vi perseguita da ancor prima dei miti di Prometeo, Sisifo e Teseo).
Che ci crediate o no, i tempi oscuri che verranno, portano ormai le scienze dal banco degli accusati, al patibolo sociale.
Mi dilungherò un’altra volta su questo punto.
Ma ora questo fa al caso nostro, o cosa, dipende, perché, così come voi dovete confrontarvi con l’invasione di queste false scienze, noi, zapatiste e zapatisti dobbiamo affrontare questo ed altro.
Durante la nostra partecipazione alla prima sessione generale di ieri, vi ho presentato alcune delle domande che le mie compagne e i miei compagni che sono stati selezionati, hanno preparato come vostre alunne e alunni.
Non sono domande mie. Se fossero state mie avrebbero avuto un altro stile. Sarebbero state domande del tipo: Quale è il rapporto tra la zuppa di zucca e il deficit cognitivo? Quali sono le qualità nutrizionali di quel portento alimentare che è il gelato di noce? Le iniezioni sono una forma pseudo-scientifica di tortura? Eccetera.
Quindi l’unica cosa che ho fatto con le domande delle/dei mie/miei compas è stato raggrupparle. Ho tolto alcune domande perché ho pensato che le risposte sarebbero state date durante le presentazioni ed anche per un altro motivo che, se ci sarà tempo, vi spiegherò.
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Queste 200 compagne e compagni, 100 donne e 100 uomini, sono stati selezionati per partecipare, vale a dire, rispondere a collettivi. La loro presenza qui non obbedisce ad interessi o benefici personali. Al ritorno, devono rispondere ai loro collettivi di quel che è stato questo incontro, di quel che hanno imparato o no, di quel che hanno capito o no. Sono quindi obbligati a socializzare la conoscenza. Questo è il motivo per cui vedete che queste/i compas scrivono e scrivono nei loro quaderni e si consultano a vicenda, con un’agitazione che dubito troviate tra gli studenti dell’accademia.
Con questo voglio dirvi che, anche se apparentemente avete a che fare con 200 incappucciate e incappucciati, in realtà le loro parole raggiungeranno decine di migliaia di indigeni di diverse lingue originarie.
Sì, fa un po’ paura. O molta, dipende.
L’interesse per la scienza nelle comunità zapatiste è legittimo, reale. Ma è relativamente nuovo, non è sempre stato così. Risponde a una delle trasformazioni che la nostra lotta ha sperimentato, nel nostro processo di costruzione della nostra autonomia, vale a dire, della nostra libertà.
Questo ve lo spiegherà in modo più approfondito il compagno Subcomandante Insurgente Moisès nella sessione del mattino. Per ora mi soffermerò solo su un paio di dettagli:
[if !supportLists]1. [endif]Le comunità indigene zapatiste qui rappresentate da questi 200 trasgressori dello stereotipo dell’indigeno che regna dentro la destra e la sinistra istituzionali, non concepiscono questo incontro come un singolo evento. Per capirci: non è un’avventura passeggera. Loro, i popoli zapatisti, sperano che questo primo incontro sia l’inizio di una relazione stabile e duratura. Sperano di rimanere in contatto con voi, di mantenere uno scambio continuo. O come si dice nei villaggi: “che non sia né la prima né l’ultima volta”.
[if !supportLists]2. [endif]Il modo dei nostri modi. Affinché non vi disperiate e per capire perché non ci sono domande dopo ogni presentazione, permettetemi di spiegarvi quali sono i nostri modi come alunne e alunni.
Noi, non ci poniamo problemi individuali. Anche come studenti agiamo collettivamente. Ognuno prende i propri appunti e, dopo la lezione o il dibattito, si riunisce in collettivo e si completano gli appunti prendendo quelli di tutti. Quindi, se qualcuno si è distratto o ha capito qualcos’altro, gli altri completano o chiariscono. Ad esempio, nella presentazione di ieri, quella del fisico letta dalla Dottoressa, c’è una parte in cui lui fa notare che qualcuno potrebbe dire che non c’è progresso scientifico, rispetto ai paesi sviluppati, perché in Messico siamo indigeni. Un compagno zapatista era abbastanza infastidito perché, secondo lui, il fisico ci stava criticando come indigeni che siamo e ci dava la colpa dell’inesistente progresso scientifico nel nostro paese. Nella ricapitolazione collettiva gli hanno spiegato che il fisico non diceva questo, ma che il fisico criticava quelli che dicevano questo.
Con le domande succede la stessa cosa. Prima espongono tra loro i propri dubbi. Così buona parte di loro si chiarisce perché magari non aveva ascoltato o non aveva preso bene gli appunti o non aveva capito quello che era stato detto. Su altre domande si rispondono tra loro. Restano dunque le domande che sì, sono dubbi collettivi.
So che a voi può sembrare un processo lento e complicato, e che più di una, uno sia deluso perché pensa che non partecipiamo, o di non essere riuscito a catturare la nostra attenzione. Si sbaglia: dopo che i collettivi di ogni zona si riuniranno, verranno raccolte le domande che saranno sollevate e ve le invieremo attraverso gli stessi mezzi con cui siete stati invitati a questo incontro. Almeno abbiamo concordato un mezzo e un modo per restare in contatto.
Naturalmente, tutto questo è parte della nostra convinzione che questo incontro sia il primo di molti, e che tutte, tutti voi manterrete la comunicazione con le proprie alunne e i propri alunni, e attraverso di loro, con decine di migliaia di zapatiste e zapatisti.
Quindi, siate pazienti. Almeno usate la stessa pazienza con la quale intraprendete le vostre ricerche ed esperimenti, o nella quale vi disperate per l’approvazione dei finanziamenti dei vostri progetti.
Detto questo, permettetemi di proporvi la metodologia zapatista per eccellenza: rispondere a una domanda con un’altra domanda.
Quindi, le vostre risposte dovrebbero iniziare con una domanda fondamentale: perché state chiedendo questo?
Bene, vi spiego. Secondo i modi dello zapatismo, la nostra azione nelle comunità non vuole egemonizzare né omogeneizzare. Cioè, non ci relazioniamo solo tra zapatisti, né pretendiamo che tutti lo siano. Mentre i nostri insuccessi ed errori sono solo nostri, i nostri successi e progressi li condividiamo con coloro che non sono zapatisti e persino con coloro che sono anti-zapatisti. Per capire il perché di tutto ciò, sarebbe necessario studiare la nostra storia, qualcosa che va ben oltre la portata di questo incontro.
Per ora è sufficiente dire che, ad esempio, i promotori di salute supportano anche i partidistas [affiliati ai partiti politici – n.d.t.]. Quindi, se un promotore di salute sta vaccinando, non è raro che incappi in partidistas che si oppongono perché sostengono che i vaccini non sono naturali, che sono velenosi, che fanno ammalare, che infondono dei mali nel corpo ed altre superstizioni, non ultima, la frode che è il sistema sanitario governativo. Infatti, i più grandi e migliori promotori di malasanità nelle comunità partidistas, sono le autorità governative.
Per questo, rispetto a quel che dicono i partidistas, la promotrice di salute cerca di discutere e convincerli che il vaccino è una cosa buona. È quindi logico che una delle domande che vi ho letto ieri sia: Scientificamente, è necessario vaccinarsi e perché, o ci sono mezzi e/o modi di sostituire i vaccini con altre cose? Ad esempio, le malattie come la pertosse, il morbillo, il vaiolo, il tetano, ecc. Con questa domanda, vi stanno chiedendo più argomenti.
Lo stesso succede per i promotori di educazione, le speaker della radio comunitaria, le autorità e i coordinamenti dei collettivi.
Un altro esempio: quando, in una comunità una persona ha le convulsioni o si ammala e presenta sintomi insoliti, i partidistas dicono che si tratta di stregoneria. Dal momento che le accuse di stregoneria finiscono spesso in linciaggi, gli zapatisti si sforzano di convincere i partidistas che non esiste nulla di simile, che le convulsioni hanno una spiegazione scientifica e non magica, e che non è stregoneria, ma che è l’epilessia la causa di questi attacchi. Per questo vi chiedono del soprannaturale, delle scienze occulte, della telepatia, eccetera. Non ci sono statistiche su questo, ma più di un partidista deve al neozapatismo il fatto di non essere stato linciato a causa di stregoneria, malocchio e cose simili.
Ci sono anche domande su argomenti di cui qualcuno ha sentito pareri contrastanti. Ad esempio, i transgenici. Alcuni dicono che sono dannosi, mentre altri dicono di no, o comunque non come si crede. Quindi i compas chiedono prove scientifiche, non slogan di una o dell’altra posizione.
Ieri la biologa ci parlava di un sondaggio condotto, mi pare, sulle reti sociali. Ci ha detto che qualcuno le ha risposto che avrebbe partecipato quando le opzioni avrebbero incluso qualcosa come “la scienza è un male”.
Ebbene, nelle comunità zapatiste arriva ogni tipo di persona. La maggior parte viene a dirci quello che dobbiamo e che non dobbiamo fare. Arriva gente, per esempio, che ci dice che è una buona cosa vivere in case con pavimento di terra e pareti di canne e fango; che fa bene camminare a piedi nudi; che tutto ciò ci porta beneficio perché ci mette in contatto diretto con la natura e così possiamo ricevere direttamente i benefici effluvi di armonia universale. Non ridete se pensate che stia caricaturizzando, sto trascrivendo testualmente la valutazione di un ex-alunno della escuelita zapatista.
“La modernità è cattiva”, dicono, e in essa includono le scarpe, il pavimento, le pareti e il tetto, e la scienza.
Naturalmente, la scienza non ha molto a suo favore. Dalle sue mani vengono le miniere a cielo aperto, i macchinari per costruire alberghi e fracking, le coltivazioni imposte con donazioni e programmi governativi di “progresso”.
Si dice che la religione è arrivata nelle comunità indigene con la spada, ver. Ma ci si dimentica che le pseudo-scienze e le anti-scienze provengono dalla mano delle buone vibrazioni, il naturismo come neo-religione, l’esoterismo come “saggezza ancestrale”, e micro-dosi come neo-medicina.
Io capisco che queste cose funzionino nei locali hipsters di San Cristóbal de Las Casas o dei Coyoacanes più vicini al vostro cuore, e che sembrino buoni mentre ci si fuma una canna (prexta orquexta pa), bevendo smartdrinks e consumando droghe leggere. Ok, ognuno fugge dalla realtà secondo le proprie possibilità. Noi non giudichiamo.
Ma cercate di capire che la sfida che ci siamo proposti di affrontare come zapatisti quali siamo, ha bisogno di strumenti che, mi dispiace se deludo più di una, uno, SOLO le “scienze scientifiche” possono fornirci, che è come il Subcomandante Insurgente Moisés chiama le scienze “che sono scienze”, a differenza delle scienze che non lo sono.
-*-
Anche ieri ci hanno parlato di un esperimento del tipo “scienza e genere”. Credo che fosse così: si mettevano un uomo e una donna a competere per un posto in un istituto, entrambi con lo stesso curriculum vitae; i selezionatori erano pari: stesso numero di uomini e di donne; veniva scelto l’uomo; alla domanda del perché avessero scelto lui e non lei, la risposta era che la donna era sottomessa, conciliante e debole.
Chiaro, la mia formazione chimico-biologica comprende le opere complete di José Alfredo Jiménez e Pedro Infante, quindi ho celebrato la decisione. Ma, poi, con il SubMoy, ci abbiamo pensato e fatto i conti.
Abbiamo chiesto alla insurgenta Erika (qui presente) cosa pensava di ciò. Lei, a sua volta, mi ha chiesto cosa significava “sottomessa”, le ho detto “obbediente”. Poi, che cosa significava “conciliante”, “che non lotta, che non vuole imporsi, che cerca un compromesso”, gli ho risposto. E “debole” disse che lo capiva. Ci ha pensato un momento e poi ha detto: “credo di non conoscere queste cose”.
Quindi, scusatemi se viviamo in un altro mondo, però non conosciamo nessuna compagna che sia sottomessa, conciliante e debole. Forse perché se lo fossero, non sarebbero zapatiste.
Senza dubbio, credo che in queste terre, questo esperimento porterebbe allo stesso risultato, ma con le ragioni contrarie, a favore. Cioè, sceglierebbero l’uomo proprio perché la donna non è sottomessa, né conciliante, né tantomeno debole.
E vi dico questo, perché a continuazione vi spiego:
L’aneddoto me lo ha raccontato il Subcomandante Insurgente Moisès e ve lo riporto qui dopo aver confermato i dettagli con lui.
Deve essere successo in un caracol, in una riunione per il corso sulla Idra che è stato fatto a messaggeri e messaggere, non è sicuro.
Il fatto è che una compagna giovane ha fermato il SupMoy e gli ha chiesto qualcosa del tipo “Ehi compagno subcomandante, ho un dubbio vediamo se me lo puoi risolvere” (il cambio continuo del femminile e del maschile nello stesso periodo non deve sorprendervi, è ormai parte del ‘modo’ con cui si parla il castigliano in molte comunità).
Il SupMoy gli ha risposto qualcosa del tipo “bene compagna, dimmi e se lo so, ti rispondo; e se no, beh vediamo come fare”.
Si vedeva che la giovane aveva trascorso giorni e notti con la domanda che gli ronzava in testa, e la tirò fuori senza titubanza.
Perché questo fiore è di questo colore, perché ha questa forma, perché ha questo odore?
E non si fermò lì. Sentiva che aveva superato l’ostacolo principale (formulare la domanda), così che continuò a briglia sciolte:
“Io non voglio che mi rispondano che madre natura con la sua saggezza ha fatto il fiore così, o che Dio, o quello che è. Voglio sapere quale è la risposta scientifica”.
Il SupMoy avrebbe potuto rispondere quello che qualsiasi militare, di sinistra o di destra, avrebbe risposto: che la compagna si togliesse certe stupidaggini dalla testa e che andasse al suo posto di guardia, o al lavoro che gli toccava, o che si mettesse a studiare i 7 principi, o che imparasse per bene la spiegazione dell’Idra; o forse l’avrebbe mandata alla JBG o al MAREZ o alla commissione di educazione e salute.
Avrebbe potuto fare questo ma non l’ha fatto. Il SupMoy mi ha spiegato che le ha risposto, chiaro. Però io sono rimasto a pensare alla moltitudine di opzioni che, in diversi calendari e geografie, avrebbero potuto ispirare altre risposte.
Dopo che tutto ciò è passato, a me, alchimista inedito e anacronistico, è venuto in mente che la compagna zapatista non si aspettava che il SupMoy gli rispondesse che il fiore citato era quello che era, ma che percepisse, come si dice, la complessità che si annidava in quel fiore.
Già solo la domanda e chi l’ha fatta bastavano per un seminario completo sulla storia dello zapatismo. No, non vi annoierò raccontandovi una storia che di sicuro non vi interessa. Voi ora, come io allora, siete più interessati a sapere cosa rispose il SupMoy alla compagna.
Il SupMoy mi ha raccontato, con il suo tipico tono cadenzato e didattico, che si era reso conto che, dietro la domanda, non c’era solo un’altra domanda, ma una domanda ancora più grande.
Una domanda che aveva a che fare con quello che, allora e ora, si riferisce ai cambiamenti che ci sono nelle comunità zapatiste.
La compagna giovana, al contrario di sua madre e di sua nonna quando avevano la sua stessa età, ha già rifiutato due proposte di matrimonio (“non ci penso proprio ad un marito”, sono le identiche risposte ricevute dai due pretendenti che, poco prima, avevano svuotato due boccette di profumo e si erano pettinati con un gel che gli durerà secoli); parla con fluidità due lingue, quella materna e il castigliano; sa leggere e scrivere con una correttezza che vorrebbero avere certi studenti delle facoltà di certe università nazionali; ha superato la primaria e la secondaria autonome; collabora come promotora di salute e Tercio Compa; usa il computer senza difficoltà e usa fino a 3 sistemi operativi differenti (iOs, Windows e Linux), oltre a saper usare la videocamera e i programmi di montaggio video; e naviga con disinvoltura su internet, chiaro, sempre che il clima atmosferico permetta al collegamento satellitare della JBG di superare la barriera di upload e download di 0,05 kilobyte al secondo, e che il limite del piano tariffario non sia già stato esaurito con le denunce delle comunità.
Con questi precedenti c’era da aspettarsi che non sarebbe stata soddisfatta della risposta “madre natura, con la sua infinita saggezza, ha fatto questo fiore così com’è, perché tutto stia in armonia con la forza universale che emana la natura” (qui potete chiudere gli occhi, prendervi per mano e ripetere con me “ommm, ommmmm”).
O sarebbe logico pensare che, quando sua madre, come risposta alla domanda, l’avesse mandata a prendere acqua o legna, la giovana se ne sarebbe andata in cerca delle suddette senza brontolare, però rimuginando la domanda lungo il cammino di 4 chilometri per la legna, o di 2 km per l’acqua.
Naturalmente, se vi dico che la giovana zapatista della domanda si chiama “Azucena”, o “Camelia”, o “Dalia”, o “Jazmín”, o “Violeta”, o, “Flor”, pensereste che ci sono già sufficienti assurde ovvietà perché piova sul bagnato, ma no, non ha nessuno di questi nomi. E non vi direi la verità, dicendo che la compagna si chiama Rosita, sua madre si chiama Rosa e sua nonna si chiama Rosalia. Immaginate l’orrore se la compagna avesse una figlia femmina, di sicuro gli metterebbe come nome “Rositía”.
Bene, il fatto è che, quando alcuni giorni dopo il SupMoy mi disse che dovevamo pensare a come contattare gli scienziati, ho fatto la stessa faccia stranita che avete fatto voi quando avete visto il titolo di questo incontro. Ovviamente il SubMoy non si è dato per vinto e così mi ha obbligato a domandargli: “e questo perché, e a che scopo?”.
Il SupMoy si è acceso una sigaretta e mi ha risposto laconico: “La colpa è del fiore”.
Io, ovviamente, ho acceso a mia volta la pipa e sono rimasto zitto, però ho fatto la faccia di “ah, ma dai?”. Nah, non è vero, ho fatto la faccia di “What?!”. Nah, nemmeno. Però una qualche faccia l’ho fatta, anche perché non portavo il passamontagna ed il SupMoy si è messo a ridere e mi ha spiegato quello che vi ho riferito pocanzi.
Il contesto della domanda, e la risposta, è quello di cui il SubMoy vi parlerà domani.
Dunque, quando voi, scienziate e scienziati, tornerete nei vostri mondi, e qualcuno vi domanderà perché è stato fatto quest’incontro, o cosa siete venuti a fare, o di cosa trattava, o come è andata, potrete iniziare la vostra lunga o corta risposta così:
“La colpa è del fiore”.
Molte grazie.
Dalla CIDECI-Unitierra, San Cristóbal de las Casas, Chiapas, Messico, America Latina, pianeta Terra, Sistema Solar, ecc.
SupGaleano
27 dicembre 2016
Dal Quaderno di Appunti del Gatto-Cane:
Difesa Zapatista, l’arte e la scienza.
Non è stato possibile chiarire bene la causa. Alcuni dicono che è stata una scommessa. Altri che il Pedrito abbia esagerato e così è successo. Alcuni dicono che era solo un allenamento. Una minoranza parla di una partita di calcio normale, decisa negli ultimi secondi quando l’arbitro, il SupMoisés, ha decretato la massima punizione.
Il caso, o cosa, vuole che la bambina Difesa Zapatista si trovi a pochi metri dal dischetto di rigore, dove un pallone sfilacciato aspetta.
In porta, il Pedrito bilancia le braccia come il portiere che giocava nella nazionale di calcio, quello che giocava nell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche: Lev Yasmin, “il ragno nero”. Pedrito ride compiaciuto, secondo lui, può prevedere dove la bambina dirigerà il tiro: “Difesa Zapatista è perfettamente prevedibile. Siccome è appena tornata dalla riunione delle messaggere, di sicuro tirerà in basso e a sinistra”.
Dall’altra parte la bambina, che misura appena poco più di un metro dal suolo, si gira a guardare verso uno dei lati del campo (in realtà è un semplice terreno erboso nel quale irrompono, impertinenti, vacche con i vitelli, oltre ad un cavallo orbo).
Da questo lato si possono vedere: uno strano essere, metà cane e metà gatto, che scodinzola allegro; e due individui che, se queste non fossero terre zapatiste, si potrebbe dire essere totalmente incompatibili con il paesaggio. Il primo, di taglia media, capello brizzolato e corto, porta una specie di impermeabile. Il secondo, magro, alto e sgraziato, indossa un elegante mantello ed ogni tanto annuisce con la testa.
La bambina si dirige verso lo strano gruppo. Il cavallo orbo fa lo stesso. Non appena tutti sono insieme l’uomo magro disegna strane figure in terra, la bambina guarda con attenzione e di tanto in tanto annuisce con la testa.
La bambina Difesa Zapatista ritorna nell’area e prende posizione. Inizia a trotterellare vicino al pallone, ma si posta di lato, senza mai toccare la palla, si ferma a pochi centimetri sulla destra della porta difesa dal Pedrito che guarda diffidente la bambina. Difesa Zapatista si ferma e a mani nude inizia a scavare un pochino il suolo, in maniera tale da prendere un fiore e tutta la sua radice. Con cura, la bambina raccoglie il fiore e lo pianta nuovamente lontano dalla porta e torna in campo.
Il rispettabile è sulle spine, capendo di essere presente ad uno di quegli eventi irripetibili nella storia del mondo mondiale.
Il Pedrito, da parte sua, è molto più che sicuro. Se prima aveva qualche dubbio, Difesa Zapatista ha commesso un grave errore: togliendo il fiore da dove si trovava, la bambina ha svelato la direzione verso cui andrà il suo tiro: in basso e a sinistra di Pedrito. È sicuro, si dice Pedrito, perché le bambine curano i fiori, quindi Difesa Zapatista non avrebbe voluto che il pallone danneggiasse il fiore.
Per non far mancare altra suspance, la bambina non si posiziona lontano dal pallone e di fronte alla porta, ma si mette accanto al pallone e di spalle ad un Pedrito che già sorride immaginando gli sfottò a Difesa Zapatista per avere sbagliato il rigore.
Difesa Zapatista volge il viso verso lo strano essere chiamato Gatto-Cane, che inizia a saltare, girando su sé stesso, come un ballerino. La bambina sorride e dà inizio ad un movimento che dividerà le opinioni per i prossimi decenni:
Alcuni partecipanti al CompArte dicono che iniziò con la prima posizione del balletto, alzò e piegò la gamba destra, iniziando a roteare su sé stessa, questo movimento è chiamato “pirouette en dehors”, con “relevés” e giravolte. Fu impeccabile, aggiunsero.
Il defunto SupMarcos disse che quello che aveva eseguito Difesa Zapatista non era altro che un Ushiro Mawashi Geri Ashi Mawatte, un movimento di arti marziali che si ottiene mettendosi di spalle all’obiettivo, facendo un giro di quasi 360 gradi che finisce con un calcio frontale con il tallone del piede.
Le insurgentas riunite nella cellula “Come Donne che Siamo”, da parte loro, dicono che il fiore raccolto da Difesa Zapatista era una liana conosciuta come “Chenek Caribe” i cui fiori sembrano pulcini o uccellini come quelli con cui le bambine più piccole giocano nelle comunità indigene della Selva Locandona. Il “Chenek Caribe” è solito fiorire nei terreni fangosi e acahuales, e indica quando la terra è pronta per la semina dei fagioli e del mais.
Il SupGaleano che, come sempre si infiltra in questi testi, dice che era chiaro che il Pedrito si sarebbe confuso con l’evidente; che, in effetti, Difesa Zapatista avrebbe tirato in basso e a sinistra, ma che Pedrito pensava al SUO in basso e a sinistra, ed il tiro fu sì in basso e a sinistra, ma dalla prospettiva della bambina.
Il Dottor Watson disse che quello che Difesa Zapatista aveva fatto era una breve emulazione della danza-meditativa Sema dei Dervisci dell’ordine Sufi, tale e quale a come la vide nel suo viaggio in Turchia, dove i danzatori ruotano su se stessi e si spostano, simulando il movimento dei pianeti nel cosmo.
Il detective Sherlock Holmes spiega che non fu né una né l’altra cosa, quello che ha fatto la bambina è stata l’applicazione della spiegazione scientifica dell’inerzia di rotazione di un corpo e l’applicazione della forza centrifuga del mondo. “Elementare, mio caro Watson” disse il detective perso nelle montagne del Sud-Est Messicano, “era chiaro che, dato il peso e la statura di Difesa Zapatista, avrebbe dovuto aumentare il più possibile la forza con cui colpire la palla, in maniera tale da dare al pallone la velocità e l’accelerazione necessaria per percorrere gli 11 metri. Chiaramente le possibilità che il colpo riuscisse erano del 50 e 50%. Come dire il portiere potrebbe muoversi dal lato opposto o dal lato in cui sarebbe andato il pallone, bloccandolo senza difficoltà”.
“E il fiore?” chiese il Dottore Watson. “Ah”, rispose Sherlock, “questo, mio caro Watson, è il contributo della bambina e non è venuto in mente a me. Anzi, mi ha talmente sorpreso, così come ha sorpreso il bambino che giocava in porta. Con quello che ha fatto ha aumentato le possibilità che il portiere si buttasse verso la direzione in cui si trovava il fiore. È stato qualcosa che, chiaramente, non aveva nulla che vedere con la scienza, né con l’arte. Se mi permette, Dottor Watson, è come se lei fosse riuscita ad unire le due cose. Molto interessante, mio caro Watson, molto interessante”.
Dopo il casino, i “Tercio Compas” hanno intervistato Pedrito. Gli hanno chiesto la causa del gol ed il Pedrito ha riposto laconico:
“La colpa è del fiore”.
In Fede.
Guau-miau.
Traduzione a cura di #20ZLN