TRADUZIONE ARTICOLO SU IDEA EZLN E CNI: L’EZLN, il CNI e le elezioni

Di Luis Hernández Navarro – tratto da La Jornada. Traduzione 20ZLN

L’EZLN ed il CNI hanno concordato di consultare i villaggi e le comunità a proposito della candidatura di una donna indigena alla Presidenza della Repubblica per le elezioni del 2018. La decisione ha sollevato una polemica enorme. Alcuni vedono in questa scelta una svolta di 180 gradi della sua linea d’azione. Altri, il suo ingresso in politica. Altri ancora, una manovra per la formazione di una coalizione contro Andrés Manuel López Obrador.ezln22

Queste tre opinioni sono, oltre che sbagliate, pregiudizievoli. Si basano sulla disinformazione e su uno schema di analisi che ha come punto di partenza: chi non è con me, è contro di me. Questi punti di vista ignorano la storia e la traiettoria politica, sia dell’EZLN sia delle organizzazioni indigene che fanno parte del CNI.

Fin da quando l’EZLN è emerso nella vita pubblica, non è mai stata una forza astensionista. Non ha incitato né all’astensione né al boicottaggio delle elezioni, ma all’organizzazione e alla lotta. E, almeno in un’occasione, ha promosso il voto per un candidato.

Nelle elezioni presidenziali del 21 agosto 1994, invitó a votare contro il PRI, come parte della sua lotta contro il sistema partitico di stato e del presidenzialismo. Inoltre, il 15 maggio dello stesso anno, a Guadalupe Tepeyac, le basi zapatiste e il subcomandante Marcos ricevettero il candidato del PRD, Cuauhtémoc Cárdenas e il suo entourage. I ribelli li accolsero e riconobbero che l’allora candidato li aveva ascoltati con attenzione e rispetto. Tra l’altro, criticarono il sol azteca.

Pochi giorni dopo, tramite la Seconda Dichiarazione della Selva Lacandona, convocarono “una Convenzione Nazionale Democratica che emani un governo provvisorio o di transizione, attraverso le dimissioni dell’Esecutivo federale o per via elettorale”. Segnalarono successivamente che il processo avrebbe dovuto portare alla stesura di una nuova Costituzione e allo svolgimento di nuove elezioni.

Ben presto, l’EZLN sostenne la candidatura del giornalista Amado Avendaño, in quanto membro della società civile, come governatore del Chiapas. E, dopo la truffa elettorale che impedì il suo trionfo, lo riconobbe come governatore ribelle e lo trattò come tale.

Alla fine del 2005 gli zapatisti promossero l’organizzazione di un grande movimento nazionale per trasformare le relazioni sociali, sviluppare un programma di lotta nazionale e creare una nuova costituzione politica. In questo contesto, inaugurarono l’altra campagna, un’iniziativa di politica popolare dal basso e a sinistra, indipendente dai partiti politici ufficiali, di stampo anticapitalista.

Anche se l’altra campagna non mai incitato ad astenersi o a boicottare le elezioni, ha criticato aspramente i candidati dei tre principali partiti politici, tra cui Andrés Manuel López Obrador. Con l’avvicinarsi delle elezioni del 2 luglio 2006, a seguito della repressione di San Salvador Atenco (3 e 4 maggio dello stesso anno) che cambió le dinamiche di quest’iniziativa politica, con una cerimonia al cinema Rivoluzione di Città del Messico, il subcomandante Marcos si oppose personalmente a mettere in discussione chi aveva intenzione di votare. “Chi vuole votare, che voti”, disse in quell’occasione.

Gli zapatisti sono stati considerati responsabili per il risultato finale delle elezioni del 2006 e addirittura per la frode che strappò la vittoria alle urne di Andrés Manuel López Obrador. Pochi giorni fa, il leader di Morena ha dichiarato che in quei giorni, l’EZLN e la chiesa progressista invitarono a non votare per lui (cosa che non è mai successa), contribuendo indirettamente a rubargli le elezioni. Da allora, il dibattito è stato aspro e intenso e non ha cessato di esserlo, nonostante siano passati più di 10 anni.

Per anni, la posizione degli zapatisti non è cambiata. Ciò è stato confermato dal subcomandante Moisés nel comunicato intitolato “sulle elezioni: organizzarsi” datato aprile 2015, in cui avverte: “In questi giorni, come ogni volta che avviene questa cosa che chiamano “processo elettorale”, sentiamo e vediamo che se ne escono col fatto che l’EZLN chiama all’astensione, cioè che l’EZLN dice che non si deve votare. Dicono questa e altre stupidaggini”.

Più tardi chiarisce la posizione dei ribelli sulla situazione elettorale di quell’anno: “Come zapatisti che siamo non chiamiamo a non votare e nemmeno a votare. Come zapatisti che siamo ciò che facciamo, ogni volta che è possibile, è dire alla gente che si organizzi per resistere, per lottare, per ottenere ciò di cui si ha bisogno”.

Il recente documento dell’EZLN e del CNI, “Tremi nei loro centri terra” rappresenta un cambiamento nella posizione dei ribelli. Ma non di 180 gradi, perché non sono mai stati astensionisti.

L’invito è ad avventurarsi in una nuova forma di azione, il cui asse centrale è la partecipazione diretta nel contesto elettorale, come forma di resistenza, di organizzazione e di lotta. Si tratta di mettere gli indigeni e i loro problemi al centro dell’agenda politica nazionale, di dare visibilità gli attacchi contro le popolazioni indigene, di costruire il potere dal basso. La decisione non significa l’ingresso dell’EZLN nella lotta politica. Gli zapatisti ci sono sempre stati. Non hanno mai smesso di fare politica da quando hanno fatto irruzione nella vita pubblica sollevandosi con le armi nel 1994. Si può essere o non essere d’accordo con la politica che hanno fatto, ma ridurre la loro partecipazione politica all’azione elettorale è una cavolata.

Lo stesso vale per le organizzazioni che compongono il CNI. La mobilitazione dei purépecha di Cherán (un’esperienza chiave nel nuovo corso della lotta indigena) per il riconoscimento del loro autogoverno e della loro autonomia è essenzialmente politica. Anche l’esperienza di autodifesa dei náhuatl di Ostula o la difesa della comunità otomí Xochicuautla del suo territorio e delle risorse naturali.

Nessuno ha il monopolio della rappresentanza politica della sinistra messicana. Questa rappresentanza si guadagna quotidianamente nella lotta. Accusare gli zapatisti e il CNI di assecondare il gioco del governo perché intendono partecipare alle elezioni del 2018, a margine dei partiti politici, è un segno di arroganza e d’intolleranza. In definitiva, sarà la società messicana in generale e i popoli indigeni in particolare, a decidere se questo percorso sia utile per trasformare il paese.