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IL CASO AYOTZINAPA A 22 MESI DAL 26 SETTEMBRE 2014: INTERVISTA A JOHN GIBLER

Torniamo a parlare del caso di Ayotzinapa, dei 43 studenti scomparsi 22 mesi fa e lo facciamo con John Gibler, giornalista indipendente.

22 mesi dopo i fatti di Ayotzinapa, nella notte tra il 26 e il 27 settembre, cosa sappiamo e a che punto sono le indagini ufficiali?

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John – Molto tristemente, fin dalla notte degli attacchi contro gli studenti, le risposte ufficiali sono legate a stretto giro alla stessa violenza di quella notte e ad un’apparente incompetenza, che poi in realtà è piuttosto una volontà politica dello stato. Le indagini così occultano una grossa parte della verità basandosi interamente su testimonianze estorte con metodi prossimi alla tortura, e aggiungendo menzogne e di scene di crimini che non sono mai esistite. Parliamo della discarica di Cocula, nello stato di Guerrero dove, secondo il governo federale, sono stati cremati i 43 giovani. E’ già stato dimostrato da numerosi e diversi studi indipendenti che la cremazione, “la pira funebre”, il fuoco, e l’incendio nella discarica di Cocula tra il 26 e il 27 settembre del 2014 sono una falsità. Un invenzione.

L’indagine ufficiale è stata supportata dal lavoro del Gruppo Interdisciplinare di Esperti Indipendenti, conosciuto qui in Messico con il suo acronimo di GIEI che, dopo un anno di lavoro, ha pubblicato due rapporti, uno nel mese di settembre 2015 e un altro nel mese di aprile 2016. Questi rapporti costituiscono la ricostruzione più seria sugli eventi accaduti a Iguala quella notte (la città dove i 43 studenti sono “scomparsi”). Ma anche sul processo seguente, e quindi sulla mancata ricerca di prove e realtà con la conseguente e fabbricazione di una versione dei fatti erronea data dalla PGR.
Il GIEI, così, fu cacciato dal paese. I genitori degli studenti hanno chiesto ufficialmente che potesse continuare il suo processo di investigazione come gruppo indipendente, ma il governo federale messicano non ha dato il permesso. Mandandoli, così,  fuori dal paese. A fine di aprile di quest’anno (2016) l’indagine è praticamente caduta nel dimenticatoio, sia per lo stato che per i media. Ovviamente non per le famiglie ed il movimento solidale.

Ufficialmente il governo federale dice che il GIEI se n’è andato. La verità è che le indagini indipendenti non hanno generato risposte da parte del governo (altri arresti, altre dichiarazioni di detenuti, altri imputati) che, a quanto pare, continua ad insistere sulla versione dei fatti e la verità storica fornita dalla PGR. Questa versione è stata palesemente e completamente smentita sia dal gruppo di esperti sia da alcune inchieste giornalistiche anche indipendenti. Quindi possiamo dire che il procedimento di ricerca ufficialmente sta continuando, tristemente credo,ma nella pratica dell’occultamento di verità. Il governo federale sta cercando in tutti i modi di far dimenticare il caso Ayotzinapa. La volontà è rendere impossibile la ricostruzione del dove sono e dove sono stati portati i 43. I genitori, appesantiti da 22 mesi di lotta e di ricerca però non permettono che il caso caschi nel dimenticatoio. Genitori e studenti della normale di Aytozinapa sono appena stati qui a Città del Messico, in presidio permanente davanti al Ministero degli interni: una richiesta precisa ovvero che il governo federale messicano consentisse alla Commissione Interamericana dei Diritti Umani, che sostenne il lavoro del GIEI, di continuare il lavoro di ricerca. Con l’appoggio della CIDH esperti potrebbero viaggiare per il paese e continuare la ricerca di verità e giustizia.

Pensi che la crisi economica del Centro Interamericano di Diritti Umani possa avere un ruolo più triste in questa storia o non cambierà nulla?

John – Penso che, forse, tutto è collegato. Il governo federale ha fatto una campagna, qui in Messico, molto forte per screditare la Commissione Interamericana di Diritti Umani, attraverso bugie, mezze verità, nonché di cose inventate e filtrate da media mainstream. Accuse contro gli esperti del GIEI così come contro la CIDH e il suo presidente messicano, in carica da molti anni e grande esperto di movimenti per i diritti umani, Alvarez.

La crisi economica della Commissione Interamerica dei Diritti Umani deriva dal fatto che lo stato messicano ha smesso di pagare le sue quote. Sono stati diffusi rapporti nei media dicendo che la Commissione Interamericana spende più per gli stipendi che per le indagini sui casi. Insomma cose così. Il tutto con il fine di screditare l’istituzione del Gruppo Interdisciplinario di Esperti indipendenti. Vale la pena chiarire che il GIEI è stato creato con un dialogo tra le famiglie, i loro rappresentanti legali in Messico, la Commissione Interamericana e il governo federale messicano. Il GIEI era completamente indipendente, non dipendeva né dalla Commissione, né dal governo, né dalle famiglie, era un gruppo davvero autonomo, indipendente.

Io, quando hanno concluso il loro mandato, ho intervistato vari esperti del GIEI e chiesto quali momenti li avessero più impressionati, come persone, in questo processo. Molti di loro mi ha detto che durante il primo incontro con le famiglie dei 43, alla normale di Ayotzinapa, nel Guerrero, le famiglie continuavano a dire “per favore non vendetevi e, per favore, diteci sempre la verità, qualunque essa sia, vogliamo sapere la verità”. Questo li ha colpiti molto. Cito questo come esempio dell’indipendenza del gruppo, neppure le famiglie volevano una versione che li facesse sentire meglio, no, le famiglie chiedevano la verità, solo la verità.

E’ importante evidenziare l’indipendenza delle ricerche del GIEI. Sento la frustrazione e l’incompetenza del governo federale, nel tentativo di occultare i fatti e costruire una versione storica e falsata di quelle ore. Vedo la sua incompetenza, la sua incapacità di far ingoiare alle famiglie e alle popolazioni messicane questa menzogna. Davanti al fallimento della macchina del fango governativa hanno cercati di screditare il lavoro del GIEI da una parte e limitare le funzioni della CIDH dall’altro.

Perché il governo non vuole arrivare alla verità sui fatti di Ayotzinapa?

John – Questa domanda sul “perché?”, in realtà possiamo farla solo a loro, al governo. Si dovremmo chiedere a loro “perché non volete arrivare alla verità?” Ovviamente non risponderanno a questa domanda e diranno “no! quel che vogliamo è la verità!”. Ma, facendo un’analisi basata sui fatti, fin dalla notte degli attacchi occorre dirsi: chi ha attaccato? La polizia municipale di tre diversi comuni, con in aggiunta la polizia statale, polizia federale, e la partecipazione dell’esercito. In borghese o in divisa poco cambia. Per 22 mesi non si è indagato sull’esercito e si è impedito al GIEI di fare indagini e interrogatori all’esercito.

Poi sarebbe da chiedere “Perché l’hanno fatto?” Evidentemente, c’è qualcosa che nascondono. Cosa motivò l’attacco? Cosa è successo ai 43? Dove sono? Cosa gli hanno fatto? Come stanno? Dove sono? Che ovviamente è la domanda che più ossessiona le famiglie. Alla domanda “perché?” solo possono rispondere le persone che stanno realizzando l’occultamento. Quello che noi possiamo fare, tramite l’analisi, con l’investigazione indipendente, è documentare il fatto che effettivamente stanno nascondendo,e ostacolando la ricerca di verità e la giustizia. E cosa ci dice tutto ciò? Che lo stato, in ogni suo livello, sta proteggendo ciò che potrebbe essere definito un crimine dell’umanità.

Pensi che si possa arrivare alla verità senza l’appoggio del governo, solo con il lavoro del GIEI e le lotte dei genitori e degli studenti?

John – Si deve. Dev’essere l’impegno, la fame, la sete di giustizia che li motiva come società. Nel mio caso come ricercatore, giornalista, scrittore continuo nella ricerca. L’urgenza di arrivare alla verità ci deve motivare e dare stimoli e l’energia. Certo  è molto difficile quando si ha l’intera struttura di uno stato contro. Certo è difficile quando tutto il potere dello stato lavora costantemente per rendere impossibile raggiungere la verità. Ma si può, o meglio, non si può, si deve.

Pensi che il governo Peña Nieto sia un governo forte?

John – Dipende da come determini e difinisci la forza. Se per forza si intende una questione di legittimità, no, direi che è uno stato molto debole, un’amministrazione molto debole. Se per forza si vuole parlare di morte, di violenza, di dolore, sì, è un’amministrazione statale molto forte. Guarda cosa è accaduto negli ultimi anni. Dipende qual è il punto di vista sulla forza. Se per forza, ripeto, si intende un’immensa capacità di causare morte, sofferenza, sparizioni forzate, allora sì, è uno stato forte.

Grazie mille John.

John – Grazie mille a te e a tutti quelli che ascoltano.