Intervista a Omar Garcia in vista delle iniziative ad un anno dalla sparizione forzata dei 43 studenti

Il 26 settembre sarà un anno esatto dalla scomparsa di 43 studenti della Scuola Normale Rurale di Ayotzinapa. In quella stessa folle notte morirono anche sei studenti. Studenti attaccati dalla polizia municipale di Iguala in collaborazione con i gruppi del narcotraffico del territorio e con la complicità dell’esercito. A Città del Messico sabato 26 ci sarà un grosso corteo che non solo chiederà la riapertura del caso e la verità e giustizia per i 43 studenti ma sarà importante momento di conflittualità nei confronti del narcogoverno di Pena Nieto, narcogoverno legato all’omicidio di diversi giornalisti, ai brogli elettorali, e ai poteri forti del neoliberismo.

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A Milano #20ZLN, in collaborazione con APE, organizzerà domenica 27 settembre alle ore 20.30 a Piano Terra la proiezione del video documentario “Ayotzinapa, il Film”.

Abbiamo raggiunto Omar Garcia, uno dei portavoce degli studenti della Scuola Normale Rurale di Ayotzinapa, per fare il punto della situazione ad oggi.

Ieri, 22 settembre, a Tixtla genitori e “normalisti” hanno subito una nuova provocazione poliziesca. La polizia municipale ha fermato e “incapsulati” i mezzi degli studenti diretti a Chilpacingo per un corteo. Studenti e genitori si sono difesi e hanno forzato il blocco. 3000 agenti hanno attaccato i convogli, obbligando alla fine studenti e genitori a tornare indietro. http://www.centrodemedioslibres.org/2015/09/22/ayotzinapa-3-mil-policias-bloquean-la-carretera/

D. A quasi un anno dalla scomparsa dei 43 compagni della Escuela Normal di Ayotzinapa, qual è lo stato delle indagini?

R. Da quasi un anno, insieme ai familiari dei desaparecidos, lottiamo perché emerga la verità su quanto avvenuto la notte del 26 settembre 2014. Abbiamo scoperto che la PGR (Procura Generale di Città del Messico, ndr) e, quindi, il governo messicano mentivano sin dal principio dell’inchiesta; come compagni e familiari degli scomparsi continuiamo a sostenere la nostra versione contro la pretesa “verità storica” del governo, diffusa lo scorso 27 gennaio dal procuratore Murillo Karam. Il nuovo rapporto del gruppo di esperti della CIDH (Comisión Interamericana de Derechos Humanos, ndr), frutto di un’indagine approfondita e diffuso lo scorso 6 settembre, ribadisce quello che diciamo da mesi: che la PGR ha mentito al popolo messicano e al mondo intero. Le prove esaminate dagli esperti dimostrano che i nostri compagni non furono bruciati vivi, come sostenne da subito la Procura. Dimostra anche la correlazione d’intenti che intercorse quella notte tra almeno altri 9 episodi di violenza commessi da polizia e militari, anche questi coperti dalle autorità politiche e giudiziarie.

D. Il caso di Ayotzinapa ha fatto emergere le connessioni tra narcotraffico e potere politico e militare in Messico. Nel corso di quest’anno, qualcosa è cambiato?

R. Nello stato di Iguala, come in molti altri, crimine organizzato e governo sono una cosa sola: non vediamo nessuna differenza, né di metodi né di interessi. Le cose non sono cambiate, ma sicuramente questa identità sta diventando sempre più chiara.

D. Nonostante sia uno dei presidenti più impopolari della storia messicana, Enrique Peña Nieto conserva il suo potere. Questo come si spiega? È solo grazie alle sue relazioni con il narcotraffico, o c’è dell’altro?

R. Sicuramente il supporto del narcotraffico è fondamentale, ma non si tratta solo di questo; la sua legittimazione elettorale gli garantisce l’impunità. Il nostro sistema rende più facile incriminare un presidente per corruzione che non perché abbia ordinato o coperto decine di omicidi. Nonostante sempre più persone siano convinte che Peña Nieto sia un bugiardo e un assassino, nessuno può toccarlo: i processi democratici ed elettorali richiedono tempi lunghi per sostituire un presidente, e nel frattempo un criminale è al potere. Ci sono state molte riforme – anche costituzionali – per costruire questo sistema in modo che anche una volta deposti dal potere, qualunque atrocità abbiano commesso, politici e funzionari non rispondano mai dei loro crimini davanti alla giustizia. La legalità non è dalla parte del popolo.

D. In quest’ultimo anno, ogni 26 del mese, si sono tenute azioni globali in appoggio alla lotta per i 43 di Ayotzinapa. Cosa succederà stavolta, per l’anniversario della scomparsa?

R. Il 26 settembre ci sarà una manifestazione a Città del Messico e ci aspettiamo grande partecipazione. Le persone hanno ricominciato a scendere in piazza, forse perché si identificano con la nostra lotta che ormai è il simbolo del problema delle sparizioni forzate e, più in generale, degli abusi di potere in Messico.

D. Negli ultimi mesi la Escuela Normal y Rural di Ayotzinapa ha subìto nuovi attacchi?

R. Il primo fu lo scorso 14 dicembre, quando la Policìa Federal aggredì alcuni compagni che stavano allestendo prima di un concerto rock antifascista. Tornarono il 12 gennaio, e da allora è stato un crescendo di repressione nei confronti non solo degli studenti, ma anche dei familiari dei desaparecidos. Molti di loro, fermati in occasione di manifestazioni di piazza – in particolare quella del 20 novembre – sono stati portati direttamente in carceri di massima sicurezza. Soltanto ieri, il 15 settembre, alcuni compagni normalisti sono stati brutalmente picchiati dalla polizia e portati in carcere, dove si trovano tuttora, per aver gridato “Peña assassino” durante le commemorazioni del Grito de la Independencia (festa nazionale messicana, ndr).

D. La repressione ha colpito anche altre Escuelas Normales in altre zone del paese?

R. Certamente, le scuole che formano i maestri sono da anni un bersaglio della repressione.

D. Lavorando a stretto contatto con altri gruppi e organizzazioni politiche, come giudichi oggi la rete dei movimenti sociali in Messico? Pensi sia viva?

R. Sì, è viva e si allarga ogni giorno: stiamo facendo grandi passi in termini di collegamento e articolazione territoriale. Questa battaglia ci ha messo in contatto con moltissime persone che vogliono supportare la nostra lotta.