Testo di Alejandra
Più di 40 collettivi provenienti da diversi stati della Repubblica Messicana, dalla zona del Cauca in Colombia, dal Kurdistan e dai territori Mapuche, si sono riuniti per il Forum per la Difesa del Territorio e della Madre Terra, organizzato dal Congresso Nazionale Indigeno e dall’EZLN lo scorso 21 e 22 dicembre, presso l’Università della Terra – CIDECI, oggi diventato il nuovo Caracol zapatista Jacinto Canek.
Durante i due giorni dell’evento, le organizzazioni e i collettivi hanno condiviso le dinamiche di sfruttamento attraverso le quali le imprese e lo Stato cercano di appropriarsi o di imporsi nei loro territori, ma anche le strategie di difesa e lotta che hanno generato nelle loro comunità per fronteggiare – come lo chiamano loro – il mostro capitalista.
Trasversalmente alla difesa dei territori è stata sottolineata l’importanza che la partecipazione delle donne ha avuto per l’organizzazione delle loro comunità e la difesa della terra, in quanto sono le donne quelle che hanno messo la problematica ambientale al centro dell’agenda politica, puntando il dito contro la distruzione portata dai mega-progetti e l’importanza della cura dell’ecosistema.
Durante il microfono aperto ogni organizzazione ha segnalato le minacce capitaliste che incombono nei vari territori, tra le quali vi sono lo sfruttamento dei terreni attraverso i mega-progetti di carattere estrattivo come le miniere, le centrali eoliche, i gasdotti, i parchi industriali, la speculazione edilizia, il turismo, così come la costruzione di infrastrutture per il transito di auto e treni.
Si parla di progetti e ‘sviluppo’ che lo Stato e le imprese cercano di vendere con l’ideologia del progresso, ma che in realtà favorirebbero solo i grandi capitali nazionali e stranieri, grazie all’arricchimento ottenuto dall’estrazione di materie prime e il trasporto di merci per il grande capitale, il quale “converte le risorse in merci”.
Le strategie più comuni con le quali la minaccia capitalista è riuscita a entrare nei territori e che si sono intensificate negli ultimi anni sono: la corruzione delle autorità di governo, il paramilitarismo, il narcotraffico, la criminalità organizzata, la manipolazione e divisione delle comunità, il clientelismo politico attraverso i programmi sociali di welfare, le minacce, gli omicidi dei leader comunitari e gli arresti. Inoltre, nell’attuale fase politica (che gli zapatisti chiamano la quarta distruzione) il governo federale utilizza ‘i referendum’ – che vengono implementati in modo ambiguo – per legalizzare e legittimare lo sfruttamento portato dalle grandi opere.
Di fronte al quadro descritto durante l’incontro viene individuato l’aspetto ‘comunitario’ come “il modello in grado di garantire la vita, mentre il capitalismo la morte, e lo abbiamo già visto a sufficienza”. La sfida quindi che si presenta davanti è “saper organizzare la resistenza”, la quale viene definita dagli stessi zapatisti e zapatiste come “un’arma potente, invisibile, che non lascia sangue, è inclusiva e quindi altre e altri si possono organizzare a loro volta”.
Durante questo percorso organizzativo e di resistenza hanno generato diverse strategie come i processi assembleari, la decisione tramite consenso unanime, i ricorsi per vie legali, le manifestazioni, la diffusione di informazioni sull’impatto ambientale, il lavoro generazionale con i giovani e il lavoro collettivo: tutto questo definisce la loro linea comune che è anticapitalista e antipatriarcale. E’ stata messa in evidenzia, inoltre, anche la necessità di consolidare le reti e sincronizzare le azioni con le organizzazioni nazionali e internazionali, ma soprattutto intraprendere il percorso dell’autonomia seguendo l’esempio del fratello maggiore EZLN, che gli permetterà di essere più forti di fronte alla tempesta che si avvicina.