1 GENNAIO 2019: 25 ANNI DI RIVOLUZIONE ZAPATISTA E 5 ANNI DI 20ZLN

Non è certo guardando indietro che usciremo dal guado dove ci siamo cacciati. Ma non è certamente dimenticando chi prima di noi ha preso delle strade estremamente rischiose che poi sono diventate mito che troveremo il bandolo della matassa del futuro. E non è certo nella confusione del vale tutto, dei contorni sbiaditi, dell’assenza di ideologia e riferimenti culturali che si trovano le soluzioni. Sappiamo da dove veniamo. E sappiamo cosa vogliamo, un mondo diverso, possibile per tutte e tutti.

Abbiamo certamente bisogno di rivoluzioni e di esempi rivoluzionari, non del senso dello Stato, strumento sempre più adagiato sugli interessi del capitalismo.

Per noi questo 1 gennaio significa toccare i primi 5 anni di 20ZLN. Nel 2013 siamo partiti per partecipare all’Escuelita zapatista, e provare a raccontare i primi 20 anni di insurrezione zapatista con un libro. Abbiamo provato a raccontare con i tanti occhi di chi ha attraversato, collaborato, scovato, raccontato e sognato le donne  e gli uomini che il 1 gennaio del 1994 decisero di coprirsi il volto con il passamontagna e coperti dall’anonimato mostrarsi al mondo. Si “sono coperti il volto per farsi vedere” perchè gli indigeni e le indigene in Messico (così come le povere e i poveri in tutto il mondo) erano invisibili. Un soggetto di cui si farebbe volentieri a meno, un soggetto di cui ci si occupa solo se la loro presenza diventa visibile e “turba” la percezione territoriale dei ricchi e dei turisti. Essere poveri, nel mondo capitalista, è un reato. Lo era 25 anni fa, lo era 60 anni fa quando l’esercito rivoluzionario cubano vinceva la rivoluzione, cacciava Batista, e gettava le basi per una società paritaria. Essere povere o poveri è un reato, tanto che le leggi di quasi ogni stato difendono e proteggono la proprietà, il possedimento, e le ricchezze prima delle persone. Oggi come allora. I poveri e le povere danno fastidio. La loro presenza turba, scompone, indispone chi osservando una distanza sociale si deve porre delle domande. Anche se non sa di farlo.

Cinque anni fa abbiamo dato vita a questo blog per raccontare il nostro viaggio, per dare spazio e visibilità ad una lotta che resistendo nel tempo praticava alternativa reale, combatteva la povertà e non i poveri, praticava il rifiuto dello stato-nazione, e la critica radicale al capitalismo. Decidevamo di aprire 20ZLN perchè lo zapatismo dopo anni di grande visibilità era uscito dal discorso pubblico, e a noi interessava dare più luce possibile ad una storia virtuosa, rivoluzionaria e anticapitalista.

Prima di noi tante e tanti, in Italia e nel mondo, avevano fatto cose simili. Abbiamo provato ad essere un pezzo complementare, aggiungerci senza nessuna volontà di sostituzione. In questi cinque anni abbiamo scritto un libro, realizzato tre documentari, e ci prepariamo, assieme ad Inter Campus, Lo Stato Sociale, e Radio Popolare ad aprire una mostra sui 25 anni di lotta zapatista vista con lo sguardo parziale di chi come noi ha attraversato un pezzo di questo sogno.

Per noi questo 1 gennaio significa guardare ai 25 anni di storia pubblica dell’EZLN, e significa farlo da lontano, da casa nostra, non dal Chiapas autonomo e ribelle. Significa guardare un pò più in la. Guardare a Cuba, e alla sua rivoluzione lunga 60 anni. Perchè a ben guardare l’EZLN, così come tante guerriglie latino americane, non ci sarebbero state senza che a Cuba si materializzasse l’impresa rivoluzionaria. Ed è bene ricordare che l’esercito popolare cubano metteva a critica l’imperialismo capitalista USA tanto quanto il socialismo sovietico. Erano eretici. Ed è in quell’eretismo che il sogno di un’America Latina libera da ingerenze esterne prendeva piede.

Siamo nati attorno alla lotta zapatista, ed è di quello che parliamo. La digressione su Cuba era necessaria quanto utile a mettere un pezzetto di riferimento politico/militare dell’EZLN nero su bianco.

Sì, abbiamo bisogno di esempi e di sogni a cui aggrapparci. E sappiamo che nel mondo ci sono un paio di esempi, che seppur con una vita lunga alle spalle, ci scaldano il cuore e ci fanno vedere che “sì, si può fare”. Non parliamo ovviamente di Obama, volto complementare a Trump nel progetto capitalista di oppressione del mondo, non parliamo di Lula, anche lui perfettamente complementare a Bolsonaro, e non parliamo o pensiamo a nessuna alternativa che sta bene in un’urna elettorale. Parliamo dell’autonomia zapatista e del confederalismo democratico praticato dai curdo/siriani tra Turchia, Iraq e Nord della Siria. Oggi lo stato e il mondo partito hanno un legame stretto e contiguo al mantenimento dell’esistente. Questo non significa che dalle lotte radicali, profonde, anticapitaliste non possano nascere virtuosi esempi di rottura anche tramite il voto, ma certamente non ci sarà comodità nelle urne ma conflitto reale in quello spazio oggi egemonizzato.

Ci pare scontato che l’EZLN si opponga ad Obrador. Ci sembra ridicolo che un presidente che ha inneggiato al vecchio e nuovo NAFTA, e che vuole devastare 1500 km di Messico per costruire una faraonica linea ferroviaria per turisti, il “Tren Maya”, sia raccontato come opzione di sinistra. Ci si dimentica, forse, che gli ultimi 30 anni di governi neo-liberisti  han lasciato macerie economiche e sociali su cui Obrador ha vinto le elezioni. Insomma Obrador è complementare agli altri presidenti, e ora assurge ad un ruolo preordinato nella presunta “democrazia” del capitale. Dovrà fare quello che le destre non possono, per poi cedere il passo. Nulla che non abbiamo già visto in Europa quando i partiti “comunisti” hanno tradito il senso stesso della parola “comunismo” e per governare si sono convertiti in servili strumenti del capitalismo, voltando le spalle alle lotte sociali, ai movimenti rivoluzionari e al conflitto sociale.

Come dire, non sarà un governo a generare cambiamento, ma un cambiamento sociale e radicale potrebbe generare un governo diverso.

Certo il cammino è lungo e articolato, per questo abbiamo bisogno di riferimenti, di esperienze da studiare, da supportare e da sognare. Non confondiamo un discorso statalista e carico di retorica da “ben di stato” come quello di Mattarella per progresso, trasformazione, cambiamento. E non ci dà nemmeno certezze, se non rimarcare che la gabbia del capitale e del suo strumento stato-nazione non ci interessano. Per questo 20ZLN appoggia le lotte per l’umanità e contro il neoliberismo, appoggia gli zapatisti e le zapatiste stando in basso a sinistra.

Buon anno a tutte e tutti.