Intervista a Gustavo Castro nella giornata mondiale per la giustizia per Berta Caceres

Il 3 marzo veniva uccisa Berta Caceres, attivista ambientalista honduregna del Copinh. Quel giorno con lei era presente Gustavo Castro, messicano del Chiapas. Scampato al massacro ha testimoniato immediatamente e per questo ha dovuto passare diversi giorni nell’ambasciata messicana in Hounduras.
Oggi 15 giugno, giornata internazionale per chiedere verità e giustizia per Berta, abbiamo intervistato Gustavo. Ecco a voi:

13268080_1706104229663349_1197122161457209078_o.jpg HONDURAS RESISTE

Sono passati più di tre mesi dal fatto dell’uccisione di Berta Cáceres e tu eri lì. Come si può raccontare quello che sta succedendo in Honduras sulle lotte sociali?

Gustavo – Beh, allora… l’uccisione di Berta è stata un’altra delle morti e degli assassinii in Honduras per difendere la terra e i territori in un contesto in cui il governo onduregno sta vendendo i territori indigeni e dei contadini garifuni a grandi investitori stranieri. Come pure il caso dei territori contesi per le miniere a cielo aperto, i progetti idroelettrici, anche i grandi progetti per la monocoltura d’olio di palma o di palma africana, gli oleodotti, le infrastrutture e così via… che implicano l’espropriazione dei popoli indigeni, il saccheggio delle loro terre, dei loro territori ed è proprio dove il COPINH entra in gioco come uno dei movimenti più forti e anche più determinati ad affrontare la lotta contro il governo, contro le multinazionali, ma anche contro le banche, contro la Banca Mondiale, la Banca Centroamericana d’Integrazione Economica, anche nei confronti di altri governi europei che stanno finanziando questi progetti mortali che implicano omicidi e lo spostamento della popolazione onduregna.

E che compromesso c’è tra il COPINH e la organizzazione Otros Mundos per cui lavori?

Gustavo – Sì, beh, il COPINH e Otros Mundos, siamo legati dal 1999, quando ho conosciuto Berta in Chiapas, a San Cristóbal, quando costituimmo la Convergenza dei Movimenti dei Popoli delle Americhe come un movimento continentale anticapitalista per lottare contro gli interessi del grande capitale e lì c’era Berta. Poi abbiamo fatto un incontro anche in Honduras, dopodiché organizzammo in Chiapas l’Incontro Emisferico contro la Militarizzazione e poi il successivo l’abbiamo fatto in Honduras. Poi abbiamo organizzato il Movimento contro il Piano Puebla-Panama in Chiapas e poi l’abbiamo fatto in Honduras, la Settimana per la Diversità Biologica e Culturale che abbiamo fatto in Chiapas e poi anche in Honduras e, sempre insieme, spingemmo la creazione del Movimento Mesoamericano contro le Dighe e poi la Rete Latino-americana contro le Dighe. Spingemmo anche la creazione del Movimento Mesoamericano contro il Modello di Estrazione Mineraria – l’M4 – e quindi siamo stati strettamente legati da sempre nella creazione dei processi di resistenza del movimento sociale di fronte ai vari megaprogetti.

La cosa interessante è che io vado in Honduras invitato da Berta e dal COPINH per fare un ulteriore passo avanti e l’idea era come passare da una resistenza attiva, che è necessaria, a una resistenza propositiva che significa cercare alternative locali. Alcuni lo chiamano Buen Vivir (Vivere Bene), altri la chiamano autonomia locale e così via… ma l’idea era di costruire alternative locali contro il capitalismo che ci vuole distruggere.

Pensi che ci sia un progetto comune del capitalismo in ogni territorio? In ogni territorio può cambiare, non è la stessa cosa, ma ha la stessa idea di estrazione di profitti dalla terra?

Gustavo – Sì, certo, penso che stiamo vivendo elementi comuni come, mi pare, il fatto che, in America Latina, ciò che è contestato sono i territori, tra i popoli indigeni contadini, persino urbani, contro gli interessi delle grandi multinazionali che, nel contesto dei Trattati di Libero Scambio, gli stanno aprendo le porte per l’appropriazione di tutte le risorse e i territori. E sono più o meno gli stessi progetti: petrolio, gas, fracking, dighe, miniere, infrastrutture, strade, porti, aeroporti, la monocoltura di olio di palma, di soia transgenica della Monsanto… sono più o meno le stesse aziende e società sotto il mantello delle stesse banche, la Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Centroamericana d’Integrazione Economica, la BIS (Banca Interamericana di Sviluppo)… quindi ho strutturato gli stessi processi che stiamo vivendo in America Latina, dove ormai la novità non è più il colpo di stato militare, ma i colpi tecnici dove… come in Brasile, Venezuela e altrove, hanno lo scopo di eliminare i governi che si oppongono a questo processo di apertura commerciale e di accumulazione di capitale in mano di poche aziende.

Dopo l’uccisione di Berta hai subito la persecuzione da parte del governo onduregno. Hai paura di tornare in Honduras o hai paura per la tua vita in Messico, in America Latina?

Gustavo – Sì, penso che il problema è che il processo legale continua e che, in fin dei conti, il governo dell’Honduras non è riuscito a sostenere la menzogna e di inventare altre cause per il crimine e ha quindi dovuto concentrarsi sugli attori fondamentali. Tra questi c’è, per esempio, l’azienda stessa, che sono imputati e in prigione, ma ovviamente non sono gli unici, è accusato l’esercito, un membro dell’esercito, anche i sicari e, visto che sono l’unico testimone dell’omicidio, ogni volta che sono andato in Honduras sapevo che mi stavano dietro e volevano realizzare il loro compito di non lasciarmi vivo.

Il processo continua, il processo legale continua e stiamo esigendo che ci sia un gruppo indipendente di esperti che indaghi sul fatto. Per questo, oggi, insieme alla famiglia di Berta, abbiamo lanciato la mobilitazione. Il governo non vuole arrivare alle estreme conseguenze che, in qualche modo, lo coinvolgerebbe,  assieme ai procuratori, alle famiglie più ricche dell’Honduras, eccetera… pensiamo e crediamo che ci siano altre persone coinvolte nell’omicidio oltre agli imputati che hanno arrestato finora.

Oggi, il 15 giugno, è la Giornata Internazionale per la Verità e la Giustizia per Berta Cáceres. Pensi che l’azione internazionale possa influenzare la ricerca della verità e della giustizia per cambiare quello che sta succedendo in Honduras, in ogni angolo del mondo rispetto a ciò di cui parlavamo prima, cioè che il capitale ha la stessa idea di oppressione dei popoli?

Gustavo – È un’azione che non bisogna scartare e penso che quello che possiamo fare, per non lasciare impunita quest’uccisione, è che siano coinvolti nella responsabilità le banche e anche le aziende che stanno promuovendo questi progetti mortali. In tutta l’America Latina stiamo assistendo alla criminalizzazione e stiamo anche assistendo a molti omicidi di difensori dei diritti umani, di giornalisti e ci sembra che questo sia anche un modo per fare pressione per far sì che le cose non restino impunite. In fin dei conti, la mobilitazione e l’organizzazione dei movimenti, penso che sia la cosa più importante in questo processo di unione di forze per questa lotta contro il capitalismo.

Esiste un accordo tra il governo messicano e il governo onduregno? Esistono accordi economici o anche per la repressione dei movimenti sociali?

Gustavo – Beh, c’è un accordo tra tutti i governi con i Trattati di Libero Scambio per garantire gli investimenti stranieri e tali accordi prevedono la modifica delle leggi e delle costituzioni e la criminalizzazione dei movimenti che si oppongono a questi accordi di libero scambio. Tra il Messico e l’Honduras non ci sono molti legami commerciali, né politici, né il governo messicano sostiene particolarmente l’Honduras come altri governi, come ad esempio la Germania o persino la Spagna, che stanno finanziando molti progetti, tra cui il nuovo aeroporto di Tegucigalpa con investimenti milionari, nel territorio dove c’è la più grande base militare della regione mesoamericana da parte dei governi degli Stati Uniti, che si chiama Palmerola.

Quindi, a differenza di altri paesi, di altri governi, il Messico non ha molti investimenti. Fa però parte della Banca Centroamericana d’Integrazione Economica e lì sì che il Messico, come gli altri governi che sono membri della BCIE, sono responsabili della morte di Berta, nonché di altri morti del COPINH, di altre organizzazioni indigene e contadine garifune in Honduras, perché hanno finanziato progetti che causano spostamenti, violazioni sistematiche dei diritti umani e omicidi che sono rimasti impuniti.

Grazie mille Gustavo.

Gustavo – Di niente, è stato un piacere e vi aspettiamo domani nelle ambasciate dell’Honduras, in ogni angolo del mondo.